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la tigre reale e la libertà

Era il 2015 quando la mamma mi ha portato da Reggio a Gualtieri a vedere la mostra del Pittore Ligabue.
Ricordo i colori vivaci di quei quadri, ma più di tutte mi sono piaciute le tigri.
Per minuti interi sono rimasto imbambolato davanti a una tigre in particolare, la tigre reale. Era un dipinto del 1941 che la guida ha detto che Ligabue ha dipinto nella casa di Guastalla dello scultore Andrea Mozzali dove era andato a stare grazie all’ospitalità dell’amico che si era preso la responsabilità di farlo uscire dall’ospedale psichiatrico in cui era rinchiuso a San Lazzaro di Reggio Emilia. La sua vita era stata tutta un dentro e fuori da ospedali psichiatrici. Ma era un uomo geniale.
Dipingeva quello che vedeva in campagna: mucche, galli, cavalli e carri da contadini, vasi di fiori, faceva suoi autoritratti, ma si inventava anche animali esotici come le tigri, leoni, scimmioni che mai aveva visto dal vero.

Si capisce dai dipinti che Ligabue amasse tanto gli animali e lui era vissuto a lungo nei boschi da solo, avendo come compagnia gli animali che vivevano lungo il Po e lui stesso è rimasto sempre un po' selvatico tutta la vita, ha detto la guida.
Quella notte mi sono sognato che ero il garzone di un altro amico di Ligabue, lo scultore Mazzacurati e che ero andato a consegnargli delle riviste che aveva chiesto all’edicola del paese e passando, al ritorno verso il paese, dalla fattoria lì accanto, vidi Ligabue che starnazzava nell’aia e che faceva strani gesti con le mani e le braccia perché tutte le bestie gli corressero incontro. Poi era lui a imitare il miagolio dei gatti, lo scodinzolio dei cani, le galline che gli andavano a chiocciare vicino ai piedi. Era uno spettacolo incredibile.
Poi aveva preso una tela e si era messo a dipingere le espressioni sue che imitavano gli animali della fattoria.
Poi sono scappato via, anche perchè era tardi e dovevo fare altre consegne.
Il giorno dopo sono tornato solo per vedere un quadro finito ed avevo visto un gallo fiero e coloratissimo, gioioso e bellicoso immerso in un mare di verde.
E all’improvviso, nel sogno, mi ero trasformato io in una tigre reale scappata da un circo che cercavo la liberà nelle campagne e avevo azzannato Ligabue che mi fissava e poi mi imitava allo specchio facendo i miei stessi versi. Forse era questo che voleva raccontare con la sua tigre, la sua voglia di libertà, libertà dai manicomi, libertà dalle convenzioni, o dalla sua mente che non smetteva di avere pensieri ossessivi e per far tacere la sua mente aveva bisogno di dipingere o di scolpire queste grandi belve feroci piene di energia, di forza e di voglia di vivere!

Poi mi sono svegliato e davanti al letto ho rivisto la tigre reale questa volta riprodotta sul puzzle che insieme a mamma e papà avevamo ricomposto la sera prima, comprata al book shop del museo.

Quella tigre ancora oggi mi fa compagnia e mi ricorda quanto è importante essere liberi e potersi esprimere in tutti i modi possibili: con colori e pennelli, o con danze forsennate, o cantando, o scrivendo magari una storia sconclusionata come questa, che ricorda un uomo del ‘900 vissuto tra la Svizzera e la Provincia di Reggio Emilia dipingendo tigri e galli riuscendo anche ad avere una grande fama e una collezione di costose motociclette, anche se la fama e pure i soldi, durarono poco e tornò più e più volte ad essere recluso in manicomio, fino a morire nel ricovero Carri di Gualtieri.