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Non si trova più la Mimma!

“Non si trova più la Mimma!”. La Mimma era una staffetta bravissima della 7° Gap, quel giorno nella stamperia clandestina di papà c’ero soltanto io con Novella, che si occupava di scrivere e divulgare i volantini clandestini che papà stampava di nascosto, mentre prima della guerra stampava partecipazioni di nozze, inviti per battesimi e cresime o altre cerimonie. Sapevo che la Mimma era importante, era a conoscenza di dove fossero tutte le basi partigiane e dove si trovavano i gappisti. Io allora ero poco più di un bambino, ma nella stamperia di papà volevo dare una mano anche io per accorciare quella guerra e così aiutavo a stampare i volantini che informavano i cittadini di manifestazioni o incitavano alla ribellione per sostenere la resistenza.
Novella stava battendo a macchina un volantino, quando entrò Cestino, il commissario politico della 7° gap, quella della Mimma.
“Non si trova più la Mimma!- disse- doveva andare ad un appuntamento e non è arrivata e questo vuol dire che l’hanno presa; e lo strano è che non sappiamo assolutamente nulla, né dove l’hanno presa, né dove l’hanno portata. Se avessimo solo un indizio potremmo tentare di aiutarla. Abbiamo cercato e chiesto, ma nessuno sa dove sia. Coloro che l’hanno presa sanno che è una preda troppo importante, per questo l’hanno nascosta”.
Mimma l’avevo vista, delle volte passava a prendere dei volantini e salutava Novella che conosceva bene le sorelle della Mimma perché abitavano nello stesso rione.
Io non sapevo altro che il suo nome di battaglia, Mimma, appunto. Qualche giorno dopo seppi il suo vero nome, Irma Bandiera, quando stampammo l’annuncio alla città della morte di quella valorosa partigiana. Come tutti, all’epoca, conoscevamo solo i nomi partigiani, quelli di battaglia, come “Mimma” o “Cestino” dietro cui si celava Alceste Giovannini,seppi poi, per rendere più difficili i tradimenti.
Cestino era in pena per Mimma, ma non volle mobilitare la brigata per cambiare i nascondigli, spostare armi o altri materiali clandestini, era certo che Mimma non avrebbe parlato.
Gli chiesi perché non avesse paura. “Tu non conosci la Mimma- disse- no, lei non parlerà; ne siamo così certi che non abbiamo cambiato nulla”. Ed era logico che io non sapessi nulla della sua attività clandestina, ed era bene che così fosse. Meno si sapeva di quello che facevano gli altri meno correvamo pericoli se ci fermavano. Sapevo però che Mimma era una staffetta e il lavoro di staffetta era pericoloso: dovevano tenere i collegamenti, combinare gli appuntamenti, essere fuori a tutte le ore, accorrere dove c’era pericolo per i gappisti, portare armi e anche combattere se necessario.
Novella era davvero preoccupata per i compagni della brigata, ma Cestino la tranquillizzò “Tu non sai che brava ragazza è diventata; non è più la signorina sofisticata, che ci sembrava così graziosa, ben curata ed abituata ad una vita facile ed agiata. Ora è diventata una donna politicamente preparata e cosciente e lavorare con lei è un piacere; sempre serena e sorridente, sa affrontare situazioni pericolose con una temerarietà inverosimile”.
Cestino l’aveva formata come staffetta ed era orgoglioso di lei e le stava dimostrando, con quelle parole, una cieca fiducia.
Il 14 agosto fu Novella a entrare in tipografia con la faccia sconvolta dicendomi che Mimma era stata lasciata al Meloncello sul marciapiede perché tutti la vedessero, come monito.
Corsi fuori, andai anche io a vedere il suo corpo martoriato. Sfilammo uno alla volta fingendo di non conoscerla.
Quando incontrai di nuovo Cestino in tipografia mi raccontò che Mimma era stata catturata il 7 agosto di ritorno da Castel Maggiore dove era andata a consegnare delle armi. Quando la fermarono le trovarono documenti che doveva consegnare a dei partigiani di città. Fu torturata 7 giorni, ma, come aveva previsto il suo commissario, non parlò. Non disse una parola nemmeno quando i fascisti la portarono davanti alla sua casa, al Meloncello, facendole capire che sarebbe stata l’ultima volta che la vedeva se non avesse parlato. Di fronte al suo silenzio, la finirono con la mitraglia lasciando il suo corpo lì, per strada dove anch’io l’avevo vista straziata.
Tornai a casa sconvolto, non era il primo morto che vedevo, la guerra ormai ce ne aveva mostrati tanti, ma era il primo che avessi visto in vita. Non era solo un corpo morto, era una donna che mi aveva sorriso qualche mese prima! Papà mi strinse forte, sapeva di avermi messo in pericolo acconsentendo a farmi partecipare alla stampa dei volantini clandestini: vedevo i volti dei partigiani e partigiane che passavano, anche se non sapevo nulla di loro ero comunque esposto.
Pensai a Mimma tutta la notte, aveva 29 anni, solamente 14 più di me. Da sola aveva affrontato le torture e la morte e solo la famiglia e qualche amica l’accompagnarono alla Certosa. Due giorni dopo Novella ebbe l’incarico da Cestino di fare un manifestino di denuncia per la cittadinanza bolognese, lo preparò a casa sulla sua macchina da scrivere mentre un ufficiale tedesco, il Maresciallo Fritz, era entrato in casa e si era fermato a parlare con sua sorella con il rischio che si accorgesse che non stava scrivendo lettere d’amore, ma un manifesto politico.
Lo stampammo quella sera stesa e diceva “Cittadini di Bologna, la valorosa staffetta della 7 a brigata GAP di Bologna, Irma Bandiera, è stata barbaramente assassinata dagli aguzzini nazifascisti”